2 BERLIN

16 ottbr

 

 

il locale ha il soffitto alto – mi spiega i. che le cassette sic degli operai ddr erano ricercate. che

hanno soffitti così bassi. eppure ricercate. architetture naziste staliniste in karl marx str. verso

potsdam.

mentre parla mangio ogni tanto un boccone.

appena seduto gli hanno portato una enorme tazza di cappuccino.

all’inizio non ha tolto la giacca poi sì.

una giacca da cacciatore di panno verde. anche i. mangia quando può. attenti alla discussione che c’è

tra noi.

con le orecchie tese – vigili.

e nel locale, dice che c’era un esponente politico di spicco dei verdi.

alle pareti applique e ai soffitti globi chiari. luce tenue.

fuori il grigio – piove.

 

le ragazze solerti con i., vecchio cliente. forse persona importante qui.

lunghe spiegazioni di prenzlrbrg.

la cittadella dei dissidenti – e ora dei giornalisti che non prendono in casa i profughi ma li fanno

prendere a altri.

la cdu parla per lui.

quando ride mio imbarazzo. non posso vederlo – qualcosa di cattivo dietro le sue lenti.

così rido guardando in sala.

non caldo. troppo grande.

in cucina, secondo i., ex galeotti fanno da mangiare cibi popolari – così i verdi e gli spd si sentono a casa.

perché i bobo di qui amano sentirsi a casa

pauperismo – mi viene in mente. suggerisco.

pauperismo – ripeto.

temo che mi voglia con sé perché – come dice – ho un ottimo italiano. un italiano superiore alla media.

così mi forzo di parlare bene e riesco per frasi che fanno i giri.

 

globi di luce dal soffitto. ai tavoli gente con il laptop – benestanti, suggerisco.

ma per i. no. tutti hanno un laptop – e io sorrido.

mi permetti di pagare – domando.

usciti i. apre un ombrello. io ho il cappello

solo più tardi mi accorgo che le etichette del cappello spuntano da un lato – nessuno dice niente.

così ci salutiamo.

io per botzowstr. verso volkspark.

con la pioggia a piedi per il volkspark. una donna – forse cancro per il velo sulla testa e il pallore, corre.

uno porta il cane.

un cane libero piscia.

 

in cima niente flak. soltanto uno spiazzo alberato pieno d’acqua di pioggia.

 

salto a piedi pari di fronte a un muro di cemento verniciato – la

flak. e gli scatto una foto.

me ne vado.

 

guarda le unghie intanto che taglio – taglio – le tartine con le posate che ci hanno dato.

ma io non sono così. sospetto neanche i.

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