Un racconto curioso. Nell’arco di 24 ore mi imbatto per ben tre volte con un oggetto che non aveva mai suscitato la mia attenzione: “la porta”. Il tema ricorre in momenti significativi, ecco perché considero il fatto degno di nota. Nella lettura di un libro, durante l’ufficio della Messa, nel sonno. Nel pomeriggio di sabato il secondo e ultimo capitolo di un racconto di Horacio Quiroga si conclude in modo stupefacente e inaspettato: l’arboricolo del Terziario, braccato dalla belva che rientra alla tana, fa rotolare un masso sull’ingresso della caverna inventando di fatto “la porta”. Domenica mattina la Liturgia della Parola proclama il Vangelo di Giovanni (10, 1, 10): Io sono “la porta” delle pecore, dice Gesù Cristo, nessuno va al Padre mio se non attraverso me. Nella notte tra sabato e domenica sogno Gaetano Testa (disteso su un divano) che mi parla con i modi accattivanti di un tempo. Lo trovo bene e sono allegro. Un particolare: a casa dei Testa si arriva attraversando 6 porte.
“La porta” di Gaetano Altopiano
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