“Deflagrazioni” di Gaetano Altopiano

Fabbricai la mia prima bomba nel ‘78. In realtà fu anche l’ultima e non si trattava neanche di una bomba vera. Solo una bottiglia di latte Stella mezzo piena di benzina e uno straccetto che fungeva da miccia. Una scarsissima, ma proprio scassatissima, molotov che non riuscì manco a prendere fuoco. “Diversamente abile”, diremmo oggi. Il primo concetto compiuto, invece, in tema di esplosioni, l’avevo formulato già qualche anno prima dopo uno schiaffone consegnatomi da mio padre per motivi scolastici: avevo capito che al lancio di un oggetto potenzialmente pericoloso seguiva inevitabilmente un effetto deflagrante. Fu solo intorno agli anni 90 però che conobbi il significato algebrico di una “bomba” e certo non per merito di Gregory Corso né per tutti i possibili riferimenti bellici. La fruttivendola di Via Umberto I a Marineo che si diceva avesse ben 3 amanti oltre al marito: due tette da guinness dei primati. Mi capitò di sfiorargliele e mi illuminai: contatto / energia x velocità = propagazione cinetica del calore x 2.

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