Le Mani di Moravia
Sono sconvolto. Reagisco imprecando alla caduta di connessione. Avevo promesso al mio amico Carmelo di non imprecare più. Non solo. Di scrivere un saggio su “Giusto non imprecare”. Già l’avevo dedicato a Amalia Guglielminetti, già ero alla pagina 170 di questo mio saggio libero, già mi sentivo Lucio Battisti a un passo dalla storia. Non sono un uomo tranquillo. Però, per fortuna, lento. Reagisco con quello che Pascal chiamava l’esprit d’escalier. Il mio francese è imperfetto, ma anche l’inglese, e l’taliano pure: (infatti manca la i, che fa molto dislessico) ma me ne faccio una ragione perché, due punti, anche io sono imperfetto. Tranquillamente non so accettare la morte della connessione, impreco. Se si ferma il computer è andropausa? Reagisco in modo sconsiderato, molto metafallico, mi dico. Voglio fare male a qualcuno che mi ha fatto male. Subito. A tamburobattente. Il computer. Sono sconvolto. Il computer non mi dà la possibilità di gestire il mio tempo metafallico. Lo so che è una kosa ma, è una kosa che gestisce il mio tempo. La mia badante temporale, Caterina, la cameriera robot che mi comanda di non fare entrare più in casa le mie amanti. Devo spegnerla, mi dico. Devo spegnerlo con il mio ditone magico. Invece è lei o lui, insomma quella kosa che spegne me. Perché ho scritto lui come Alberto (ve lo ricordate). Facile, perché le mie mani, come quelle di Alberto, non trovano niente di più facile né di più normale che carezzarlo.
p.s. dai, adesso svegliati, è stata una brutta giornata, non mettermi paura. svegliati svegliati svegliati