“DELENDA CARTHAGO” di Francesco Gambaro

Con Gaetano Testa ci si chiedeva, quattrocento anni fa, che ne faresti del Teatro Politeama. Io lo abbatterei, fare di tanto in tanto tabularasa degli artifici è giusta igiene intellettuale. Oggi si piange Palmira più che l’incauto custode. Carne ancora palpitante conta meno della pietra. Il ventaccio della memoria imperversa seppellendo il genio dell’improvvisazione, delle maieutiche novizie. Senza il mefitico peso della storia si può essere uomini nuovi come la signora dei cammelli. Ogni giorno è nascita, non memoria di morti e di cose morte. Abbiamo perso nostro figlio in un incidente stradale e continuiamo. Abbiamo visto crollare la Cappella Sistina per un terremoto e continuiamo. Abbiamo visto la nostra impresa messa sotto sequestro perpetuo dalla DIA e continuiamo. Non è estenuante continuare se ci si risveglia ancora in corpo e sangue. Una specie di libertà rigeneratrice, ieri romana oggi araba.

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