L’OCCHIAIA (10) di Elio Coniglio

Incontro la bambina, di buon mattino a passeggio mano nella mano con il padre, a pochi passi da casa mia. Mi chiede, di botto, usando un tono di voce che si fa sempre più duro, di una sua scarpa smarrita giorni fa giocando in strada. So dove si trova  e per un solo attimo mi tenta l’idea di mandare mio figlio a prendergliela in garage dove l’ho  vista in bella mostra fra le altre cianfrusaglie. Ma ho fretta e i crisantemi che cullo fra le braccia, cominciano a sfiorire….  Vaghiamo  per ore nei viali che attraversano in lungo e in largo il camposanto  prima di trovare la tomba.  Isolata dalle altre, questa, un massiccio parallelepipedo di pietra color ruggine, emerge dal terreno erboso scostante come un fungo appenappena spuntato ma non disdegna la tremula ombra bluastra di uno lanciatissimo cipresso  cresciuto nelle immediate vicinanze. Più e più volte, a turno,  inseguiamo con l’indice occhiuto la spirale di numeri  incisi da mani esperte che dal coperchio s’allarga giùgiù sugli altri lati, in cerca di un ‘ottantatre’ che non c’è. Per di più, una vecchia dal volto ossuto di un olivastro che denuncia una lunga permanenza in questo luogo ci molesta di continuo urlandoci contro un potentissimo mantra. Intimiditi, ci allontaniamo di quel tanto che basta per non avvertire sulla pelle questa rabbia incontenibile poi, con la cocciutaggine di chi deve compiere un’azione anche se non ne ricorda più il motivo, ci rimettiamo  sulle tracce della tomba….

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