NEL TRAMVAI DI GIORNALISTI E MAGISTRATI di Francesco Gambaro

C’è questo tramvai, dal giornalismo rotativo al conduzionismo televisivo, dal magistratorismo silenzioso allo starismo magistrale. Chi li bacchetta i magistratri che, volendo uscire dalla gabbia dell’algido linguaggio forense, scrivono, libri, fiction, retroscena corvacei. O i giornalisti che fanno il salto più lungo della gamba. Il caso di Massimo Giannini – che, helas, non è un fuoriclasse caro Pietrangelo Buttafuoco, i fuoriclasse non fanno salti falsi – non pesa tanto per il perdonabile desiderio di passare al carro dei vincitori, alla squadra di chi paga di più, al palcoscenico dalle quinte. Stare davanti la telecamera o scrivere thriller è altro mestiere, e chi ci è nato dietro le telecamere o tra i libri ha partita vinta (Camilleri vs Carofiglio). Ma il punto è un altro. Questo tramvai porta da una cacca, quella rotativa, a un’altra cacca, quella televisiva, non c’è sostituto-prostituto che sappia più inventare, prendere le distanze dalle mezze notizie, dai lenti rinvii dal primo al fantasmatico quarto grado di giudizio. Niente più brilla, la noia non la addomesticherà Giannini né il futuro best-seller di Ingroia. Non sarà demerito loro se il tramvai delle loro ambizioni li porterà a un punto di non ritorno. Il futuro sta lontano dai giornali, dalla televisione, dalla senescenza precoce che Coloro auspicano rinascenza.

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