PRIMAVERA di Francesco Gambaro

Buono quello che mi dite, quando non mi dite, da uomo allergico agli uomini non posso che scappare dalla primavera. Vero quello che mi dite, insegne lampeggianti, bartabacchi fumanti, palazzi piegati come alberi sottovento e altre cose. Scappo dalla primavera a vetri serrati, dovrò superare a 230 estate e autunno a occhi chiusi per via della congiuntivite. Al Pacino in Ferrari in Profumo di donna. Il suono della primavera però entra a laser dentro l’abitacolo, ditemi se c’è dell’altro che non mi volete dire. I gerani e le foglie di fico crescono a vista d’occhio, i maglioni si colorano di rosso. Devo essere più veloce e non pensare e invece penso per non pensare, non so ancora perché Bologna si chiami col nome di una donna né perché Roma in inglese si moltiplichi. Ditemi anche quello che non mi volete dire. Voi non siete voi e questo, è giusto, non lo volete dire. Pòllini bastardi della primavera, tra qualche ora sarò in estate e non vi vedrò più dal retrovisore. Io non sono più io in primavera, un dio di passaggio, una pattumiera di occhi a rischio, senza mai pace perché è sempre tardi. Lì dove devo arrivare chi mi aspetta non mi aspetta. Se arrivo in ritardo rischio di non trovare neanche chi non mi aspetta. Pedalare pedalare canta nel lettorecd del mio bolide Piero Ciampi. Perché non volete dirmelo quello che mi volete dire. Lì, in autunno dove sto arrivando, non è un punto qualsiasi, è un arduo punto di passaggio, un check point non un semplice casello autostradale. Scansatevi gente. Una vita che penso e certe foglie morte che mi aspettano o non mi aspettano. Mi guardano passare, si alzano in volo sotto gli pneumatici fumanti. Dove è finita la cartina. Correre correre, non c’è tempo. Sono in ritardo. La primavera a sirene spiegate, ma spiegate che vuol dire? Stiamoci freschi se vogliamo farci queste domande a 230 all’ora. Non pensare non pensare. Il ponte dell’estate intanto è superato. E’ superato? Ma era l’estate o la pandera della polizia che mi inseguiva? Sto arrivando, agito in avanti le spalle per dare più abbrivio e speranza di volare. Sto zitto perché le parole dentro l’abitacolo a ogni sobbalzo sobbalzano anche loro e rischiano di finirmi addosso. L’importante è tirare dritto, resistendo alle tentazioni dei distributori di benzina. Gli occhi si stanno liberando miracolosamente del muco congiuntivo. Non vedo lo stesso. Me lo dite o non me lo dite, e se non me lo dite perché me lo dite che questo sarà l’inverno del mio scontento.

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