STORIE DEL SIGNOR JFK (36) di Francesco Gambaro

Sciucatele queste mani. JFK se le sciucò. Poi mise inavvertitamente il piede su una canna che scricchiola. E stai tento duve meti le piedi. JFK si guardò i piedi. Saranno state le sei, le sette del pomeriggio o della mattina. La vocina tacque e JFK scelse una pietà comoda dove sedersi comodo. Subito squilla il telefono, è troppo lontano per raggiungerlo, mente. JFK sa di non essere lontano anche se non particolarmente vicino. E’ quando senti una voce che ti chiede ma tu non vuoi rispondere, magari perché sei nello sforzo di un conatus. E’ questa la giusta distanza che noi chiamiamo di comodo temporale, riflette JFK. Basta fare finta di non sentire, ghigna JFK, con dentro le orecchie ancora lo scricchiolo della punta della canna schiacciata per un errore di passo, per disattenzione o, forse, per inconscio desiderio di musica.

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