NAPULE di Francesco Gambaro

L’alba del giorno dopo la conclusione di Sanremo, c’erano gli LP con tutte le canzoni finaliste cantate da imitatori sotto mentite spoglie.
C’erano i contrabbandieri di Marlboro che, sottobanco, passavano roba buona.
C’erano le bottiglie di urina targate wiski di puro malto, al molo-imbarco del postale per Palermo.
C’erano le magliette bianche con stampata la cintura di sicurezza obbligatoria.
E prima c’era stato Totò che svendeva a Decio Cavallo la Fontana di Trevi, praticamente un bisinissi.
C’erano i giacconi di renna fabbricati nel retrobottega o’ pisciavinnolo a Spaccanapoli
C’erano le cartoline cinerama con il pino fantasma del Vesuvio
C’era e c’è ancora il festival della canzone napoletana che scoreggia quello della canzone padana.

C’era il Napoli e c’erano i napulitani. Bella gente, che Bergamo ‘l’avimmo faciuta nuje’.

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