“Il viottolo di robinie e rose scempie / Rotola verità in fondo a questo maggio / Le tombe antiche che la nostra voce empie / La felicità che inventò questo viaggio / Scrutano nell’eterno le dolcezze empie / E su in alto quei fiori aforisma ad un saggio / Dove un calabrone porta il peso di un raggio.//”
Esiste una navigazione orizzontale – in cui tutto quello che è stato artifex galleggia, i nomi delle cose sbriciolati come dopo uno tsunami, le briciole levigate sino all’estenuazione, dunque solo frammenti legni vegetali umani pietre pomice plastiche moplen, un tempo vendute indistruttibili oggi nel passaggio biodegradabile della deperibilità, concretus di puzze chiazze di nafta feci di gechi bicolore. Una navigazione verticale – in cui tutto quello che è stato artifex sprofonda, nel buio referenzialità e iconoscimento del cadavere cognomi pesanti come lepri come titoli di studio ancore scatenate anamnesi impersonali di generazioni imbalsamate nel valore dell’insieme e della secolarizzazione non più autori ma ciambelle di salvataggio senza il vuoto.