“Platone. Per ogni dialogo platonico c’è un vino adatto. Un bel claret vi farà attraversare a passo tranquillo tutta la Repubblica, mentre per il Fedro sarebbe più adatto un rosé leggero e solo un Manzanilla secco come un osso renderebbe giustizia al Filebo. Alle Leggi farebbe bene un Borgogna robusto, che dia coraggio all’inevitabile desiderio di saltare qualche pagina e, anzi, lo legittimi. Ma quando arriverete al sublime Simposio, sarà invece qualcosa di leggero e semidolce ad aiutarvi a catturare almeno in parte l’allegria della compagnia e bere per ognuno dei partecipanti quando si alza a parlare.”
Roger Scruton, “BEVO DUNQUE SONO, Guida filosofica al vino”, Raffaello Cortina Editore 2010
Nulla, una schiuma vergine verso / solo a indicare la coppa; / così al largo si tuffa una frotta / di sirene, taluna riversa. /
Noi navighiamo, o miei diversi / amici, io digià sulla poppa / voi sulla prora fastosa che fende / il flutto di lampi e d’inverni; /
una bella ebbrezza mi spinge / né temo il suo beccheggiare / in piedi a far questo brindisi /
solitudine, stella scogliera / a tutto quello che valse / il bianco affanno della nostra vela.//
Solitude, rècif, étoile
A n’import ce qui valut
Le blanc souci de notre toile.
Stéphane Mallarmé, “Brindisi”, Feltrinelli 1966, traduzione di Luciana Frezza