IL DUBBIO DEL CANE

Certe volte ho un bisogno di chiarezza innaturale. Più di quanto non mi capiti di solito quando non ho ben capito qualcosa: come se in una scrivania della quale ho visto con certezza di avere vuotato tutti i cassetti, cerchi inspiegabilmente di trovarne ancora uno da controllare convinto che ci sia a dispetto di una realtà incontrovertibile. O come se cercassi, ostinatamente, il civico 102 in una strada che si conclude, altrettanto ostinatamente e definitivamente, col numero civico 100. In quei giorni non mi basta rivedere la scena di un film, rileggere tre volte una pagina, farmi ripetere una frase o tentare di capire cosa stia succedendo riordinando le idee in continuazione. Mi devo spingere oltre. Oltre il registro dell’avvenuta comprensione, fino a un concetto che ha a che fare con l’idea di “felicità da sazietà assoluta” canina: non esiste.  

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