GAMBARO / ALTOPIANO UNO / DUE

Rendere una superficie lucida, intangibile, è compito della cameriera della sua testa. La cameriera strofina per cancellare aggettivi e nastretti adesivi di un facile carnevale grammaticale, der heiland fallt vor seinem vater nieder… gene will ich mich bequemen. Spezza le unghie. Tenorizza l’evangelist, il pontifex, il jesus, il korus soccombendo ai violini. Spazzola compulsivo i dossi dossuti del proprio deretano. Canta nel vasetto d’acqua spiantata di una pianta grassa emettendo bollicine erbarme dich, mein gott. Soprassiede al dolore dei tatuaggi che stupidiggiano le ragazze sue figlie e residui simili. Un coretto di bambine dentro un coro soprano. Rendere una superficie lucida, sino a che la polvere non depositi, a pochi millimetri, ettari di se stessa senza avere peranza di atterrare. Rendere una superficie refrattaria all’elettrico polpastrello che adesso gocciola sangue come un cancro malfermo su se stesso. Un pianto di violini, un coretto di bambine, dentro un vassoio virtuoso di escrementi. Una testa non sa affogarsi, l’uomo, con coraggio, trascina dentro casa lo specchio trovato stanotte per strada, lo porta in cucina, si annega di birra, poi gli si siede davanti. Accende tutte le sante santuzze di casa. Un uomo lucido, intangibile (che si pulisce ossessivamente), si addormenta e scompare in grazia di se stesso.
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Ora – mentre beve un liquido amaro – immagina un uomo. Non uno qualsiasi, uno in particolare ma frutto di una sua possibile invenzione. Non è detto che esista infatti, potrebbe non esistere affatto, o forse sì: lo immagina perfettamente, volto compreso, il che avrà un suo preciso significato. Una sua importanza, diciamo. Se lo figura vestito di blu, camicia bianca, scarpe nere. Se lo figura con molti capelli. Lo immagina che entra in un bar e ordina da bere. Possibile esistita in un altro tempo? Non saprebbe dire. Se sopravvive a prove come questa, decide, è solo per il suo sangue di lupo mannaro. Niente può farlo indietreggiare, nemmeno la scortesia del barista che invita l’uomo a fare posto a altri possibili uomini. Che si sbrigasse per favore. Ora, non crede a storie come quelle che raccontano che ognuno di noi se immagina qualcuno lo immagina perché cerca un ampliamento del suo essere: usiamo frasi che a volte non dicono niente, gesti che a volte non servono a niente e molto spesso girovaghiamo senza una meta. Perché, dunque, immaginare un uomo invece dovrebbe avere un senso? La cameriera, però, spegne la sigaretta e guarda lui mentre beve appoggiato al banco. E lui è lì. Esiste. E aspetta un plenilunio che lo liberi. 

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