Da qualche parte su Il Foglio si titola: Salvata la Francia, ora salviamo l’Italia. L’entusiasmo della stampa e della televisione nostrana per la vittoria di Macron è, come sempre, superiore al massimo entusiasmo che gli italiani abbiano mai avuto per se stessi o per i loro eletti. La vocazione a volersi fare sodomizzare continua a essere pari all’incapacità di sapersi vendere e di sapere vendere. Il genio generoso dei napoletani l’Italia francesista ed europeista l’ha sempre tenuto a cuccia, e la Fontana di Trevi resta sempre là, a muffire nella commedia. Nei talk ci si diletta a dissertare se i francesi non dovremmo chiamarli fratelli invece che cugini, dimenticando che la parola più tenera che i francesi, in camera caritatis, pronunciano nei nostri confronti è ‘merde’ (esclusi i ‘poeti’, che già il lungimirante Platone riconosceva apolidi e, dopo averli unti di mirra, scacciava dalla sua repubblica). Qualcun altro contesta che la Francia sia soltanto Parigi, rinnegando l’oro delle nostre 121 piccole e grandi parigi. Molti politici-giornalisti di questo governo già si masturbano al pensiero della prossima consumazione del matrimonio MM. E cos’ì anche Giuliano Ferrara, che solo poco tempo fa avrebbe dichiarato farlocche le recenti elezioni francesi, si ritrova a essere l’unico vero giacobino nell’attuale moderato e modesto schieramento delle forze in campo: sul Foglio, in prima pagina, intona la Marsigliese. E’ bello dire questo su Facebook; se mai volessimo o dovessimo essere salvati, saranno infatti i social network a salvarci. Salviamo l’Italia che ci piace: Per il bene che ti voglio – avrebbe potuto dire il maggiore Alessandro Haber al suo aiutante in campo nel sequel mai realizzato dell’ultimo film di Mario Monicelli – per il bene che ti voglio, stasera lavamelo tu il culo.
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