(L’OCCHIAIA. 35.”L’oleandro fiorito 3”)

Ad una certa ora del giorno, quasi tutti i giorni, Qualcuno – un uomo di mezz’età, schivo e silenzioso – sbuca da una delle tante vie confluenti nella via e un passo alla volta, trascinandosi dietro un ingombrante scranno di lucente plastica bianca, arranca fino all’oleandro fiorito. Quando è stanco di danzare attorno all’albero, si lascia cadere sulla sua sedia posizionata già alla giusta distanza, incrocia le braccia sul petto palpitante, piega di quel tanto che basta la testa su una delle spalle e fino al tramonto, indifferente alla polvere frammista a polline, foglie ingiallite e petali vizzi che un traffico veicolare fracassone e insolente gli sbuffa contro, si dà con lo sguardo alle schizzinose stelle vangoghiane oramai di stanza vicino alla biforcazione di un ramo…  

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