Ancora un’alba.
Le mille ridondanti tagliole di un sogno ristagnano fra le marezzature del guanciale.
L’occhiaia di oggi è sputata uguale all’occhiaia di ieri.
Le goccioline di pioggia stamane non fanno il tipico plif plof! Ma nelle pozzanghere i soliti cerchi d’onde plumbee imprigionano le nuvole afone del cielo agostano squarciato da lampi squillanti.
Passi frenetici regalano fregole al pigro sentiero di foglie marcescenti che, abbandonato dai più, si perde nel folto di un bosco vecchio di giorni. Accompagnandolo senza chiedere nulla in cambio, ad un certo punto della notte si giunge in una radura al centro della quale, tra le stoppie, crepita un fumoso fuoco da bivacco. I gelidi pallori di una luna assai occhiuta smacchiano i tavoli e le panche di pietra. E in sordina, tra i rami più in alto, accordando ben benino le orecchie, si sente il mormorio rossiccio degli aghi di pino.
Un bruco smeraldino si contorce accanto a un filo d’erba secca: lo divoro con gli occhi salvandolo, una volta per tutte, dagli assalti corali delle formiche…