Un seno è ricucito. Avanza dal petto l’amarena, un uovo e il cuore a guglia verso il cielo. Un orologio teorico, perciò minuzioso, alle spalle del chirurgo, non ha mai giocato due volte con lo stesso tempo. Materno o sessuale, la sala delle suture è un ventre di vacca, un ricovero residenziale con cosce a croce e uteri a cassaforte. La morte ha i peli bianchi, nell’ascensore si schiaccia il sesso contro gli angoli. I portantini con sottigliezza esprimono prosa terminale, acconsentire li aumenta di piacere. Ho una vigna nella gola, il chirurgo mi beve il mosto dalla bocca, confonde grappoli con gelsi – poi mi castiga e dice “sull’altro seno che si allevi il baco!”.