JAMES GANDOLFINI

Le ricorrenze fanno venire a chi scrive l’orticaria ma, i dieci anni dalla fine de I Soprano, i quattro dalla morte di James Gandolfini e soprattutto gli stessi anniquattro dalla pubblicazione sul Cric del testo di Alfonso Leto (che ripubblichiamo) ci dicono come quella serie televisiva abbia dato abbrivio al passaggio di testimone del cinema al serial e al felice poltronismo. Gli eredi dei Soprano (in questi giorni riproposti su SKY Atlantic canale 110) oggi sono tanti, uno su tutti Lilyhammer, che dal New Jarsey trasferisce il vice di Tony Soprano, interpretato dal mefistofelico chitarrista-spalla di Bruce Springstein Steven Van Zandt, in Norveglia, ilare terra di colonia italo-americana.

Morto James Gandolfini, viva Tony Soprano! (di Alfonso Leto)

Mi dispiace che sia morto James Gandolfini, il Tony Soprano dell’omonima fiction a tema mafia americana.
Mi dispiace perché era (e rimane)  un attore eccezionale, il mio attore preferito della mia fiction preferita che, da quando è apparsa sui teleschermi, già nel 1999, era lampante la sua caratura rispetto agli altri telefilm di specializzazione poliziesca o criminologica. 
James Gandolfini
Già dalla sigla di apertura filozappiana (“Woke Up This Morning” degli Alabama 3) e, via via (Elvis Costello, i Morfine,  i Cream, Otis Redding, Springsteen…) con la ricercatezza delle musiche (in tutte le puntate di tutte le serie), si notava una cultura e una ricercatezza rare, in quel mondo seriale di produzione; ma le storie, poi, i personaggi, l’attenta scrittura di ogni puntata, l’interpretazione di ogni singolo attore, a cominciare da Gandolfini, appunto, alla moglie Carmela nel film (interpretata dalla superlativa Edie Falco), alla psicologa del boss interpretata magistralmente da Lorraine Bracco. 
Veri momenti di spasso di alto livello, le sedute di Tony Soprano, di cui nessuno deve sapere perché possono essere  -e lo sono-  oggetto di scherno nella “famiglia”: -un mafioso che va dallo strizzacervelli e per di più donna!- Così com’è un vero e proprio tabu “invalidante”, per l’organizzazione, se si viene a sapere in giro che un maschio della “famiglia”, (nell’intimità del sesso, coniugale e non) pratica il cunnilingus alla partner. Questi e altri aspetti grotteschi sparsi qui e la in una dimensione quotidiana fatta di soldi, sesso, sacrafamiglia, tradizioni della perduta patria italiana e di un cinismo senza fine: quel cinismo che manca proprio a tutti gli sceneggiati sulla mafia e perfino ai migliori ed enfatici La Piovra e Il Padrino. Ne I Soprano l’enfasi e la retorica sono banditi: si uccide verisimilmente con estrema facilità e banalità (la banalità della banalità del male).  Le storie dei  Soprano sono una rappresentazione fedele della balordaggine e dell’umanità dei mafiosi di grosso calibro come quelli americani e di tutti i loro sottoposti e fiancheggiatori. Guardandoli uno pensa: sono proprio così, ricchi e laidi,  vivono in mezzo a noi, vanno a scuola con i nostri figli, hanno in mano le nostre città, e le mogli sono quasi sempre delle “brave signore” (non scopabili, però, nemmeno col pensiero, pena la morte in una discarica fetente) timorate di dio, angeli sempre freschi di parrucchiere nel focolare arredato di tuttopunto, trasbordante di comforts, di sogni di far laureare i figli nelle migliori università, isteriche ma servizievoli compagne  del buon padre di famiglia estortore, assassino, corruttore, manager della truffa e della morte, che arriva stanco la sera, con i suoi sensi di colpa (ma non per la gente che ha ammazzato, no) per i conflitti con la vecchia madre (dal carattere impossibile) che è stato costretto a mettere in una casa di riposo di gran lusso. Tony Soprano è pronto a tutto pur di garantire questo movimentato paradiso a se e alla sua famiglia.
Per fortuna che i Soprano (per chi volesse approfondire) possono sempre essere visti in  streaming su questo benemerito sito (se non si complica con spam e inserti vari) http://www.italiafilm.tv/telefilm/8989-i-soprano-the-sopranos-streaming-megavideo.html.
Quanto al povero James Gandolfini, mi spiace davvero che sia morto, a cinquantun anni e proprio a Roma ( “Che vergogna morire a cinquant’anni”, disse di se Ettore Petrolini in punto di morte!). 
Era atteso al Festival del cinema di Taormina, dove doveva partecipare a una tavola rotonda insieme al regista Gabriele Muccino. Povero James, morire per risparmiarsi Muccino: che coraggio, che abnegazione!

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