Percepiamo i nostri rivali in modo irreale. Diamo loro un valore, un peso, un grado di cattiveria e un indice di accessibilità proprio come facciamo con gli edifici. Solo che raramente quelli con cui “pensiamo” di scontrarci sono antagonisti veri. Più spesso solo uomini, cose o animali, che unicamente noi – in quei momenti – abbiamo eletto a quel ruolo, ossessionati dal nostro dovere di rispondere di tutto e travagliati da una pienezza mai raggiunta dal genere umano: insopportabile a noi stessi ormai. Con questa conclusione: uniformarli – per erronea similitudine – al ruolo naturale della “corrente contraria” dei venti o delle maree quando ci vengono incontro. Dunque, soltanto perché ci imbattiamo con loro sul nostro stesso marciapiedi ma in senso contrario. Amiamo poi definire la paura sempre allo stesso modo, anche se ne esistono più di trenta tipi.