Subito dopo averla detta, “Posso”, se la sputava in mano, la osservava, la carezzava, le tirava dalle orecchie la prima lettera perché sembrasse effettivamente maiuscola, la ballonzolava sul palmo per saggiarne la consistenza, poi la lanciava avanti, incontro al suo destino, soffiandole dietro per aiutarla ad atterrare lontano. La seconda e ultima parola era “entrare”. La raccoglieva con l’altra mano, se la guardava come una figlia inaspettata, le sorrideva, attento sperava che anche lei gli sorridesse, era più pesante pur non avendo la maiuscola, qualcosa le mancava (il punto interrogativo), la lanciava, soffiandole dietro perché raggiungesse la sorella, lontano. E’ il punto interrogativo che non pesa. Vola sopra la testa dell’uomo che non riesce ad afferrarlo. Come quell’altra unica parola che non pesa, “zanzara”.