JFK ha il terrore, vive col terrore di perdere le cose. Le cose sono, di volta in volta, gli occhiali, le penne, le ciabatte, le lampadine (grazie alle quali rovista i suoi bauli pieni di altre cose, forbicine, unghie, molari e premolari), le chiavi, le carte dei suoi solitari, la pace (ferocemente guadagnata il giorno del suo ottantaquattresimo). Ma quando tutte sono attorno a lui, in ordine, presenti all’appello come soldati, l’inquietudine lo assale, gira e rigira in casa cercandone una che non sia al suo posto e, non trovandola, nitrisce.