SULLE RIVE DEL TONTO (24)

… ad un certo punto, poco più avanti al tratto in cui la via sfuggendo ai ruvidi abbracci di due muri pericolanti improvvisamente si allarga, i nostri occhi, scandagliando come un sol occhio il quartiere, indovinano, fra i tanti inciampi visivi, l’entrata… E certo dobbiamo essere degli assidui frequentatori di questa casa se il portiere, mentre gli passiamo accanto, non solo non solleva la testa china sul giornale allargato sulla sua postazione di formica verde, ma addirittura risponde al nostro corale, ‘buongiorno’ con un ‘salve’ canterino, informale… Ignoriamo i due ascensori, claustrofobici, sempre sporchi, spesso guasti, e, accodandoci ad un odore di pesce appenappena fritto saliamo susu fino al terzo piano. Tà viene ad aprirci la porta poi torna a sdraiarsi sopra un letto sfatto rincantucciato sotto un basso soppalco a cui si accede usando una scaletta al momento impraticabile perché ingombra di abiti smessi, di scarpe spaiate, di vecchi ferri da stiro. Francesco si accomoda davanti ad un tavolo rotondo, cava fuori da una tasca alcune molliche di pane, le ammonticchia su uno straccetto di stagnola poi. divertito, le fa scivolare dentro un boccale traboccante di schiume. Io vado dritto al balcone. La sera cala cinguettando su questa Palermo tanto ‘disiata’ . La luce di un faro arancia la facciata di una chiesa vicina. Di tanto in tanto si sentono rumori di crolli e di ruspe in azione. Ora, la stanza é vuota .Il ticchettio distratto di una sveglia nascosta chissà dove mi allontana dagli oggetti: non ho bevuto, eppure in bocca ho l’amarognolo tipico di una buona birra e due o tre molliche di pane…

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