IL PROMOSSO

L’unica cosa che Gerhard F. K. Schroder avrebbe veramente voluto non fu il famoso piano di rilancio dell’economia tedesca (agenda 2010), che pure gli riuscì alla perfezione, ma abbandonare per sempre quel maledetto dialetto del Nord Reno Westfalia, inutilmente. L’origine contadina lo ossessionò fino al suo ritiro dalle scene politiche relegandolo a una perenne secondogenitura. E pur essendo stato l’uomo importante che fu non riuscì mai a guadagnare l’espressione compiaciuta di chi arriva a conquistare un traguardo: il suo sorriso non fu mai pienamente compiuto. Nel giorno in cui però lo incontrai finalmente alla guida della motoape notoriamente guidata solo dallo zio paterno capii che si era compiuto il miracolo. Mi salutava dall’angusta postazione di pilotaggio che il lambrettino gli concedeva e questa volta era il vecchio che stava a cassetta, deciso, forse, a una definitiva abdicazione. Il suo sorriso era pieno, muscolare, senza più la minima complicazione neurofisiologica e i suoi denti splendevano liberi da ogni catena. Andavano in direzione dello stretto di Risalaime, passando dal bivio di Bolognetta verso il vecchio maniero, dove da qualche mese – notizia di stamattina – Schroder ha convertito l’orto di famiglia in una fabbrichetta di scaldabagni biologici.

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