QUANDO CI ACCORGEMMO CHE

Mentre attraversavamo l’altavia a un certo punto ci smarrimmo. Eravamo in quota da troppi giorni. Avevamo la Pusteria alle spalle. Il sole a picco colorava i ghiaioni di fiamme gelate. Non ricordavamo quanto distasse il rifugio. Non trovavamo bivacchi. Eravamo allo stremo. Assetati. Scorticati. Quando ci accorgemmo che. Ma cosa. Ma? Parlavamo fra di noi a bassa voce, raccontando di amori finiti o appena iniziati. O di temporali in corso giù a valle. Eppure. E dopo ci accorgemmo che. Parlavamo fra noi. Ma quella non somigliava a nessuna delle nostre voci. Un bisbiglio fangoso, un ronzare piccino. Ma cosa? Ma cosa dice? La voce piccina sovrastava tutte le altre e si faceva largo con un suo fastidioso retrogusto, un tono di comando. Continuammo il cammino e fu notte. Poi fu giorno. E ancora non ritrovavamo il sentiero. Tutt’intorno rocce nude e indolenti. Dappertutto, in lontananza, guardando verso l’alto, vedevamo una corona di cose aguzze simili a vette che si schiantava sull’azzurro. Vette? Non erano vette, erano altro. Così almeno ci suggeriva la voce.

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