cos’é il miraggio? la percezione di una virgola di umidità (o é meglio ‘una virgola umida’?) dal cui luogo affiora la ragione di un fare-continuo. alquanto misterioso proprio per questa sua continuità. e una tale continuità non può che sostenersi così essendo/facendosi misteriosa/silenziosa. i biglietti che testimoniano la ns appartenenza alla corporazione dell’apparenza sospesa sono i miraggi che facciamo scorrere tra noi che ci avvolgono e ci tengono fino all’arrivo del prossimo e intanto divaricano il ns (diciamocosì) doppio uso del tempo.
(mi sto facendo allegramente convinto che gottfried benn dovesse a dispetto del nome essere un siciliano della costa – la sua clinica distinzione tra telencefalo e mesencefalo somiglia…
forse é più attendibile parlare dello scrivere che scriverne. ma in effetti pensandoci bene sopra si fa sempre così. in effetti anzi lo scrivere é sempre un modo di parlare e di ricordo del parlare (che é poi – dico il ricordo – un parlare da dietro – qualsiasi cosa possa significare questo da dietro). che dev’essere il modo specifico della persona – la sua impronta pineale. é in questo istante che emerge il fatto della fatica fisica spesso insostenibile – nell’assunto dell’identificazione tra persona e sua parola parlata. nel giudizio che in genere si da delle opere l’originalità premiata ha carattere di ‘unanimità’ (universalità). é invece più attendibile sostenere il contrario – l’originalità premiata ha carattere di picco d’isolamento. che é cosa diversa al punto che se ne potrebbe ricavare un storia delle opere (e degli autori) (e in generale della cultura) tanto diversa da quelle imperanti (‘picco d’isolamento’ da intendere anche come ‘pieno di comunicabilità’ e non alla maniera del finnegan di joyce – )