ZIGABUT FRANE

Il giorno della morte di Zigabut Frane, non tutti si accorserso che Zigabut era lì, in corteo, dietro la sua bara portata a spalla da quei quattro sinceri amici, di cui uno, Akifak Prosso, era morto anche lui. Fu Roskas Troco che si chiese e poi chiese a chi gli stava accanto, con chi si accompagnava la vedova. Un po’ tutti del corteo funebre poi chiesero a chi stava loro accanto chi fosse quell’uomo tanto alto, tenuto a braccetto dalla vedova e con la testa piegata sulla sua testa. Al cimitero il mistero si chiarì. I quattro amici, compreso Akifak Prosso, scoperchiarono la bara e fecero un cenno sincrono con la testa. Avanti, disse la vedova, Gjtra Loccia di Molussu, fai piano Zigabut, abbassa ancora un po’ più la testa. Ci siamo quasi. Zigabut l’abbassò troppo e la testa, con un tonfo sordo, cadde dentro la bara prima del corpo. Alla cieca Zigabut Frane cercava dentro la bara la propria testa. Più avanti, no ora a destra, ce l’hai quasi sotto il naso, non girarti indietro, gridavano affranti amici e parenti. La vedova cercò con gli occhi Akifak. Che capì e si gettò, letteralmente si sparò, dentro la bara. Adesso potete chiudere, furono le sue ultime parole rassicuranti. Aveva sotto il braccio, che sembrava un pallone di calcio, la bella testa dell’amico di una vita.

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