Scirocco in Sicilia per questo capodanno. Shiraz dall’oriente ventoso di vele senza donne che contrastano tramontana e maestrale vis à vis, ventoso di donne ambrate di vino, armate. Quel che resta delle palme è un polpo inferocito i cui tentacoli giganti azzannano il mare. Punteruoli, appena disturbati nel letargo invernale, non capiscono da chi sono stati svegliati, escono la testa rossa e vengono decapitati dal contadino intelligente, saltando in aria come gli elicotteri a molla che i tunisini vendono con successo ai turisti siciliani in piazza Duomo a Milano. Donne milanesi scappano come lupe dalle case con scuse improprie: un’aspirina per l’improvviso malditesta o l’assorbente perché sentono arrivare le cose. Il rumore dello scirocco è alta pressione per i siciliani: se è paura di scappare bisogna chiamare il dottore o ficcarsi sotto le lenzuola. Lo scirocco s’è incaponito. Incalza. Spinge i detenuti fuori le barre dei Pagliarelli. Non si fermerà per tutto l’anno, si dice qua. Non finirà. Non lo faremo finire. Riflettiamo su questo auspicio ferale.