Ieri fece buio prima di quanto credessi. La pioggia mi rattristò più di quanto pensassi. Fui preso da una lettura molto più di come mi aspettassi. E lei si aggirò recondita, col nome sospettoso: non Generale, come sarebbe logico aspettarsi, ma Generalio. Giuseppa Generalio. Cominciò così. Piuttosto strano mi dissi, e di lei lessi: “Commuovente, realtà che conosciamo, ma non troviamo le parole giuste per esprimerle! Grazie”. Cosa voleva dire? Non era la celebrazione. Non era una ricorrenza. Né tantomeno l’opera di carità o il gesto filantropico. Non apparteneva alla famiglia delle commozioni né a quella delle condoglianze. Non era il rimprovero contro chi o che cosa e nemmeno la lagnanza. Non si trattava neanche del trauma cranico. Era il frutto di una lingua sconosciuta che mi assillava. Ripetei, cosa voleva dire? E mi commuossi e piansi. Incensantemente.