I brividi arrivano all’improvviso e la febbre sale altissima. È il momento della perdizione. Sai solo che sei vivo e non capisci più nulla. Non c’è sopra né sotto. Il bicchiere sul comodino è diventato lontanissimo.
Non ti basta più la coperta, né la seconda coperta. Cerchi di interrarti sotto un ammasso di trapunte, coltri, gualdrappe, una montagna di strati sovrapposti, ma non basta. I brividi deflagrano da dentro, dal plesso solare, da ogni fibra dei muscoli, dalle caverne dei polmoni. Un istrice dagli aculei capovolti.
Allora cominci a non controllare più i movimenti, il letto diventa una zattera ondulante, i denti – specialmente i denti – schizzano via da ogni controllo, battono tac tac a un ritmo velocissimo e ridicolo, pulsa da ogni direzione un flusso ripugnante di rimbalzi e contraccolpi. Un urlo dal plesso solare. Entri piano piano in un sogno ricurvo e macilento.
(Da “Un bellunese di Patagonia”, Stampa Alternativa, 2005)