(da la doppia vita di g.benn)

(010702)

Se ora si vuole continuare a chiamare formalismo
ciò che la mia generazione
– ed io in essa –
abbiamo sperimentato,
espresso nei nostri lavori
ed elevato a tesi,
lo si faccia pure.
Mai ho smesso
di mettere in luce
l’importanza cardinale
del problema della forma
per l’Europa e specie
per la Germania.
Ma lo si può chiamare
anche in modo speculare
e cioè: consapevolezza,
acquisita lottando,
della possibilità
di un nuovo ritualismo:
il tentativo quasi religioso
di riportare l’arte
dall’ambito dell’estetica
a quello dell’antropologia;
la sua consacrazione
a principio antropologico.
Si direbbe parlando
sociologicamente:
riportare al centro
dei culti e dei riti
la forma
come principio antropologico
della forma pura,
del dispotismo formale.
Si può anche dire:
rendere l’oggetto irreale,
estinguerlo.
Il caso singolo,
l’oggetto sensibile
non hanno validità:
ha valore l’espressione,
la ricerca dello stile,
generatrice di leggi.

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