SIAMO UNA ITALIA CHE PARLA QUALE LINGUA

ma siamo una italia che parla ancora l’italiano in italiano? oppure una nazione di scappisti che riconosce male una lingua e non riconosce la passione di un bacio con la lingua. spiegatemi perché l’ ’endorsement’ di prodi a renzi o di berlusconi a tajani non sia declinato ‘appoggio’ da nessun giornale e da nessun social, forse che è una malapalora, sessualmente poco corretta, forse che io sono sia fui un cruscardo? lo chiedo anche a quelle vittime dell’atlantismo che scrivono cagare in vece di cacare, bocchino in vece di pompino, semo al posto di siamo, in rai e ovunque e in nome della libertà di esprimersi. comunque portatori sani di dialetti che ribadiscono, per esempio in sicilia, quartordici al posto di quattordici, palora al posto di parola, pobblema per problema. mi sfugge il giusto senso, o forse è un gusto, di imbrigliare la nostra lingua con reti che la trasmigrano. americani e russi, pound e mandelstam, la amarono impavidamente e brodskij cominciò il suo racconto veneziano al bar della stazione: “Molte lune fa il dollaro era a quota 870 e io ero a quota 32”. A quota 3 l’italiano recede e svende cavalcanti e melopea pizzutiana: “A parte il barista sbadigliante e la matrona assisa dietro il registratore di cassa, immobile e simile a un Buddha, tutt’intorno non si vedeva un’anima. Ma noi tre non potevamo far molto l’uno per l’altro, perché io avevo già dilapidato quasi tutto il mio capitale di italiano: il termine <> l’avevo già usato due volte. Dalle loro mani avevo anche comprato il primo pacchetto di una mercanzia che negli anni a venire avrebbe assunto i nomi di Merda Statale, Movimento Sociale, Merda Sicura: il mio primo pacchetto di MS. Così ripresi le mie valigie e uscii all’aperto.”
Iosif Brodskij, Fondamenta degli incurabile, Adelphi 1991

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