“ – Tagli lei, Signor Samson.
Non era mai accaduto e non occorreva che accadesse, perché non era suo compito assistere, nel negozio la venditrice. Tuttavia, con le sue dita inesperte impugnò le forbici e le introdusse nel tessuto, lungo il verso che gli era stato indicato. Ma nel momento stesso cui intaccò la flanella, accadde qualcosa di strano: d’un tratto, repentinamente, il disegno dei bambini che giocavano nel prato delle fate prese a vivere, come se le braccia e le gambe si riempissero di sangue e di midollo, l’erba si tingesse di verde e cominciasse a fremere, e come se lui, attraverso la stupida conversazione tra la Signorina Lager e la cliente, percepisse levarsi dal pezzo di flanella un gioioso vocìo di grida e risatine. Trasalì, perché due allegre gambe di bambina danzavano nel punto esatto dove lui eseguiva il taglio con le forbici. Preoccupato, fece leggermente deviare le forbici, sperando di non essere notato, e continuò a tagliare. Fu però subito costretto ad arrestare nuovamente le forbici, perché la testa di un bambino, risplendente di gioia, e lo scettro di una fata, si erano piazzati sul suo tragitto, di modo che dovette ancora far deviare forbici. In questo modo tracciò un fossato attraverso il prato, un percorso imprevedibilmente tortuoso, che tuttavia risparmiava tutti gli esseri intenti a giocare.“
Stig Dagerman, I vagoni rossi, iquadernidiviadelvento, 2011