Ora tutto è vuoto, nient’altro che vuoto, perché l’uomo che sta per morire tiene tutto nella sua mano e, quando viene annientato, tutto è annientato con lui.
Per questo il suo potere è illimitato e chiunque può dimostrarlo salendo un giorno sul cornicione dell’Empire State Building. Nel giro di tre minuti sarà adorato dalla polizia e nel giro di cinque anche dai pompieri chiamati d’urgenza, non passerà un’ora che egli sarà idolatrato dalla stampa, ci vorranno due ore per la radio e, dopo nemmeno dodici, il mondo intero sarà ai suoi piedi. Nel giro di ventiquattro ore quest’umano si troverà ad assumere una tale importanza che nessuno sforzo rimarrà intentato Così un piccolo passo dal pavimento all’interno di una finestra al cornicione all’esterno della stessa finestra può trasformare un essere socialmente insignificante in uno che può dare ordini ai capi dello stato. Tutta la speranza dell’universo è appesa al suo collo come una pietra da mulino e se il soggetto è debole e facilmente influenzabile, farà un passo indietro, ma soltanto per accorgersi che un uomo dal lato morte dell’Empire State Building domina il mondo, mentre lo stesso uomo dal lato vita dello stesso edificio non riuscirebbe ad attirare su di sé l’attenzione di una mosca.
L’uomo che sta per morire non chiede alla fine: Mio Dio, mio Dio per ché mi hai abbandonato? Sente che il suo potere è così vasto che per un attimo nemmeno Dio può stargli alla pari. Per una giornata, per un giorno e una notte, per un’eternità, è inaccessibile come il giavellotto mentre si sposta sibilando da un punto a un altro.
Stig Dagerman, L’uomo che deve morire, in Il viaggiatore, Iperborea, 1994