Alla mia bambina
Ci sono dolori dell’immobilità
simili a gabbie di famiglia
come di campi al concentramento spinati
quando si regalano alle prigioni
l’abitudine del ripetersi il giorno.
Ma è l’assenza del tenero oggi
o del fuggitivo istante che non mi ridona
il qui ed ora del mio dolore spento.
A qualcuno fu insegnato come
del dolore si affronta il pianto
come del dottore alla cura del paziente
questi regala della posologia
la sua chimica fattura.
Io non so quali attrezzi invocare
se alla banale supplica della mia sopravvivenza
o quali piccoli gesti possano essere
simile affini del cacciatore alle nuvole le frange;
come di questo corvo che da sempre appare
al dileguarsi del tramonto
e che si nutre sempre
della carogna mia all’anima sua.
Perché meglio andare che subire incessantemente
del fardello la vita il suo sospiro.
Perché meglio al sorriso sbilenco della Morte
rassegnare il proprio testamento.
Qualcuno mi dovrà restituire
della vita una sua pur fragile forma.
O qualcuno mi racconti una quale informe
forma di solitaria assenza
perchè non sia questa la prigione della vita
che nulla aggiunge della natura il dono
come quando della madre si destò il giorno
che del lavoro della sua distratta puerpera
consegnò alla vita lo stridente infante.
Oggi mi sono sentito bene
solo tra le tue braccia, figlia mia
tra il battere nervoso delle tue ciglia
senza alcuna domanda.
Figlia di un peccato dal sapor d’orgoglio
ma allo stesso tempo non meno incauta sorpresa
di abbracci canti d’oceano illustre
e di pesci lo scivolare del branco.
Alla oscura tenerezza del tuo palmo affido
del mio sogno il naufrago racconto della vita mia,
perché essa non sia vana alla tua speranza
ma sia rotaia di treno alla deriva
tra passeggeri assonnati e non paganti
tra sordidi sorrisi d’eleganza
tra note di note da sempre stonate
tra becchi di corvi arrugginiti
tra cuori di sogni infartuati
tra sfere d’amianto inossidabili
tra grida di portiere violente
tra dita di mani spellate
tra abbracci senza fine
tra bettole d’intramontabile confidenza
tra desideri mai delusi.
Perchè tu possa mia bambina
dare alla mie lacrime il suo sale
e al mio corpo l’umore della terra
che fu cristallo di Città d’incanto
che fu doccia alle mie insonnie
che fu risveglio alle mie dimenticanze.
Palermo 25/02/2009