Quando Velimir Chlebnikov, nei primi del ‘900, scrisse “La legge delle altalene”, probabilmente stava solo cazzeggiando. Tuttavia formulava in quei versi una risposta plausibile al dilemma che riguarda lo scopo della lotta per la sopravvivenza di ogni organismo vivente: è solo per volontà di dominio di una specie sulle altre. L’istinto di conservazione, che si attua fondamentalmente nella guerra per il territorio, nella capacità di adattamento e nella filiazione, non è un processo premeditato e funzionale a chissà quale nobile futuro di una specie, ma solo al suo presente. E’ uno spicciolo desiderio di prevaricazione. E il fatto che soltanto da qualche decina di migliaia di anni sia l’uomo a detenerne il primato è la prova della sua temporaneità. Basta relativamente poco perché questo stato di cose si modifichi. La legge della altalene, infatti, prevedere che signori della terra siano ora il rinoceronte, ora l’uomo. O che residenze della Via Lattea siano ora Marte, ora la Terra.
“La legge delle altalene prescrive
Che si abbiano scarpe ora larghe, ora strette.
Che sia ora notte, ora giorno.
E che signori della terra siano ora il rinoceronte, ora l’uomo.” V.C.