LIBERATE ANCHE IL TOPO, IL RICCIO, IL ROSPO E LA BISCIA

Tre carcasse a distanza ravvicinata. Un caso? Di fatto, l’intera catena alimentare della valle spiaccicata sul suolo: un topo, un rospo e una biscia. In base ai rudimenti di tanatologia appresi durante l’ora di scienze posso certificare che la marcescenza più veloce sarà quella del topo, dei tre quello che maggiormente ci somiglia per numero di parti molli: il più biodegradabile in assoluto; gli resta poco per finire di squagliarsi in atomi di carbonio. La biscia, invece, la cui pelle di rivestimento ha impedito a mosche metalliche e a saprofagi di insediarsi, in molte parti è ancora integra e va mummificandosi. Ma è il rospo che resiste alla grande: ha una corazza invidiabile. Da tre, è sceso a due dimensioni senza passare (apparentemente) per il processo di putrefazione e mantenendo intatta la stessa forma. Ora è un rospo stampato. Sempre in base a quanto imparato in quell’ora, però, credo manchi qualcuno alla filiera. Non ricordo se fosse il gatto comune o il riccio, o tutte e due. E’ il riccio. Eccolo, gonfio e perfetto come una palla da beach-volley dieci metri più avanti. Il morto più elegante.

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