L’INDOSSATRICE

L’insussistenza delle prove fornite dall’accusa finalmente venne acclarata. Scagionata con dieci anni di ritardo: il sommo grado di giudizio decretò inutile ogni ulteriore passo. Un ritaglio d’unghia colorata di rosso (si disse fosse dell’amante). E allora? Uno sgracco calcificato su un pezzo di intonaco Li vigni. La copertina di uno “Schopenhauer – Il mondo come volontà e rappresentazione” , Laterza, sporcata da una sua impronta digitale (e dal quale peraltro i p.m. trassero il seguente brano : “L’individuo conoscente, come tale, e la singola cosa da lui conosciuta sono sempre in qualche luogo, in un dato tempo; sono anelli nella catena delle cause e degli effetti”). E allora? E allora? Queste gli unici elementi su cui si basarono 28 processi distribuiti in 120 mesi e celebrati in 4 città diverse. Si visse di una noia mortale, allora, e si aspettò soltanto, cos’altro si poteva fare? Ricordo – aggiunse – che la macchina che mi piaceva di più era la Tesla, poi la Honda ibrida, anche se ogni tanto pezzi delle mie mani venivano raccolti anche a distanze considerevoli. Scoppiavano senza spiegazione.