NONNOCLORO (VI)

Bisognava farlo senza ricordarne il nome; forse bastavano le vibrazioni a fissarne l’identità. Però può darsi che nonnocloro pianga in fondo per motivi assai diversi. Interessa poco d’altro canto definire tuttociò che sta attorno al cileppo, almeno nella fase iniziale, quando il pipino sembra troppo duro e troppo lungo. – questo era il mio parere, non espresso ma certamente implicito, dato che con mia madre non parlavo e che quindi non potevo farlo con nessun altro. E di questo approfittavano un po’ tutti, senza ridere e senza piangere sicché era difficile capire perché ne approfittassero. Nonnocloro peraltro aveva borbottato che la cosa era senz’atro ammissibile: l’incesto non stava affatto male tra le lumachine da una parte e le fregate dall’altra. – ma col suo nome vero non mi riusciva più di percepire nemmeno le vibrazioni. Mi annoiavo. Strillavo. Non ammettevo che lei dovesse stare sempre in quella posizione. Il puzzo dei grassi che bollivano mi uccideva. Si poteva fare a meno del sapone, delle fortezze volanti, delle pesanti bottiglie verdi col fondo concavo. E allora, infuriatissimo, montavo e smontavo il mitra mentre il cane avvinghiato al mio polpaccio si scuoteva avanti e indietro frenetico. Stavo dietro la vasca per evitare i fastidiosi interventi di nonnocloro, per non eliminare pure lui dopo avere puntato il mitra contro il sole e contro le corriere azzurre che scendevano in città costeggiando la nostra terra, ogni mezz’ora circa dalle 14 in poi, fino alle 21.

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