NONNOCLORO (X)

La moglie del sindaco tenta di voltarsi. Annaspa rantola muore continuamente con profondi sussulti a grandi intervalli, sorride amaramente con la testa di lato, verso la vasca. – altre volte stette per terra lunga lunga, immobile. Non fecero alcun rumore, nessun sfrigolio, eppure nonnocloro scendeva lentamente dall’alto, andando avanti con stupenda audacia, a colori, sicché era felicissimo controllare l’estrema pallidezza di tutti gli altri, le smorfie che facevano senza più badare agli aeroplanini con una gota dentro l’erba, la bocca aperta, gli occhi chiusi, le braccia larghe, i pugni strettissimi. – in questi casi in genere eccezionalmente mia madre si allontanò dalla caldaia e qualcuno si affacciò dalla corriera in corsa gesticolando e urlando una o due parole. Ma senza il più lieve risultato. La corriera ricomparì dall’altra parte della casa poi scomparve dietro la collina; apparve più giù, scomparsa alla curva, ricomparve ormai lontanissima di solo tetto che però lampeggiava al sole. Cioè non riuscii a decifrare le due parole. Impiegai pochissimo tempo per asciugarmi e tornai sul cortile di corsa. Nonnocloro e la moglie del sindaco. Stesi l’uno accanto all’altro, spalla a spalla, fumavano. Ma l’immensità di nonnocloro la copriva e facevo un giro sterminato per guardarla in faccia, se avesse gli occhi chiusi o meno. – a questo punto mi trovo vicinissimo alla caldaia e sento un puzzo insostenibile; il vapore è grigio e si dirige dall’altro lato, verso nord, sopra i laghi. – cioè comincio a capire le conseguenze del mio silenzio presso mia madre, la sua vendetta, la diplomazia calcolatissima di nonnocloro.

 
 

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