Poniamo un uomo, in una casa
anonima d’un quartiere qualsivoglia
d’una città non identificata;
accendiamo una comune lampada da tavolo
in un salotto moderatamente squallido.
Un uomo fornito di modeste voglie
di gioia in un dopocena solitario.
Consideriamo il vento, freddo uggioso
(è un febbraio inclemente, rancido).
Nessuna speciale circostanza:
la radio accesa filtra ilarità
da impassibili passati, chissà
che stanze tiepide, che scoloriti arazzi.
Lui non ha sonno, non è per niente stanco.
La radio annuncia l’ora esatta. Già.