PANOPTICON

Chiuso nel Piccolo Cesso che dà sulla Camera da Letto tengo un cavallo che non vede. Lo assalgono di continuo fantasie di partenza mentre chiocciole bianchicce gli rigano il corpo di bava. Nella Stanza dei Libri pulsa il polmone di un lemure scorticato. In Salotto, coprendo con la sua stazza l’intero tappeto pakistano, un’orata fuori misura batte rabbiosa la coda, ed ha squame ormai sfatte per via degli eccessi alcolici. In Cucina, sul tavolo di marmo, brulica uno sciame di carezze. Si sa che le carezze mordono chiunque si avvicini ai loro dentini e non è facile cacciarle via. Sono così piccole che si nascondono dappertutto, ne trovi persino dietro i nanetti di plastica o nel barattolo del sangue cotto. Nel Bagno degli Ospiti un’orsa minore in avaria si annoda ai rubinetti. Si dibatte sfinita, ma resiste. E la Stanza delle Bambine, poi. Quella che un tempo fu la Stanza delle Bambine ormai è abitata da una colonia di scimmiette puzzolenti che sanguinano per la loro eterna guerra contro le Formiche Mentali. Il Sottoscala – ah il Sottoscala! – quello è intasato da una catasta di occhiali che non smettono mai di strillare e fare a botte fra loro.
Il problema è che la mia casa, come il monte su cui si trova, è tutta di cristallo, anche le pareti divisorie sono trasparenti, perciò al massimo puoi attutire i lamenti e le puzze chiudendo le porte. Ma la vista no, la vista non puoi cancellarla. In questa casa sei inchiodato a una visuale panoramica totale, da panopticon, sei forzato a vedere tutto e sempre e contemporaneamente. Dovunque tu sia.

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