Asse di terra su Tebe nel battesimo in Laio
C’è un carbonaio assiso nel suo stesso carbone
Come un Borgia nella losca palandrana del trono
Che lice a colui che dice c’è laggiù una canzone
Intonante: « Nel refettorio c’è buio, seguito da un tuono… »
Che il carbonaio che là siede in suo nome è arcolaio…
La mia sacrestia
Ha di certe fanfare
Di madie zeppe di ostie
Che come pistacchi ne abbagliano
Codrioni alla forfora
Della Morte
alzaie ai molari di suole di torpedi inumane
Tomaie al reddito assottigliate azzime frittelle del crimine
Ognuna che dice: « Costi quel che costi una scarpa
« Di queste parole
« Ego sutrinæ! »
Arrembanti come un collutorio scavato
Tra flore le loro prode e le miglia
Ognuna d’esse che sibila –
Così il miglio altimetrico
E tanto la proda a Euridice
Che storpia sin l’orecchino,
Col suo esantema, a un ofite –:
« Se c’è un’eucaristia
« Ch’à di curve così amare
« Che muoion nel carme
« Euridice ebbene la tarpa. »
E la trota che ai frescori
Dello slombato torrente
Scivola avvolta nella sordida sciarpa
Del flutto demente
Euridice ebbene la salva
La scampa dal flutto col suo asso di cuori.
(da Frammenti nel dialetto della Focide)