Sotto il flagello dei chiodi in casamatta
O in una garitta che non è né dei garofani
Né di rose immense in pieno dì ti si ricovera
Una luna in Te, dalla cancrena rivelata…
Lava la croce col fiele dei patemi
Incarnàti in un’acqua che più lu…
… Lustrale non si può… ne scende tutto
Un sangue dalla bisaccia rinfielita
Dei ladroni, ma in Lui no…
I cani zoppicano nel biciclo dei latrati
Il boccone avvelenato Margherita
Ruzza; Lui continua a scandir l’israelita
Tra il finocchietto selvatico e l’amanita
Muscaria – il finocchietto ai di una croce piedi
E il fungo che annerisce sotto diti che lo rosolano –
Quando con un astuccio di dimesso crudo arredo
– Qualche strumento disinfettato nell’aceto rosa –
La stessa portantina di spioni che il pane ha spanto
Giudica il ricovero di ginestre al monte e al piano
Un Venerdì che fu santo intero o in brano
Sulla lettiga delle cicale delle stigmate animosa!
I sassi del Calvario soverchia fanno tisi
A un numero civico, stazione di Cirene
D’un polmone abituato Svatý Pastýř **
A sopportare le insolenze del suo rene!
E i sassi del Calvario fanno risma
Alla bisaccia di un cives in Cirenaica
Che si comprime il fegato allo scisma
Del rene che avvelena la croce con l’alcaica!
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* Ceco: Venerdì Santo
** Idem: Santo Pastore
(da Frammenti nel dialetto della Focide)