(capitolo secondo) E GLI AVOCADO SPARIRONO IN UNA NOTTE

Alle tre di notte voci nella strada. Aggiusto la vista dietro le persiane. Non c’è luna. La poliziotta illuminata dalla luce blu intermittente. Due agenti scostati dal gruppo, sotto la mia finestra, alzano gli occhi: – Curiosi! – dicono, a voce alta, perché senta. Data l’ora chiunque si sarebbe affacciato al trambusto. Caldo, scirocco. A quanto capisco, la signora del palazzo accanto trova gli effetti di lanci di uova nella cucina ed è convinta che siano i tiri della sposina del primo piano e di suo marito, l’Allenatore. Da finestra a finestra. Impreca e maledice la coppia. La poliziotta al centro dei litiganti ascolta. Al momento buono accenna col capo al portone chiuso. Recupera dalla tasca un mazzo di chiavi, ne sceglie una al tatto. Si scosta, apre e sparisce dentro seguita dai tre. La luce del pianerottolo si accende. Vado dietro la porta. Sento passi per le scale, silenzio e poi brusio. Evito lo spioncino. L’eco delle storie. Allenatore, consorte cantante e cognato sporcaccioni. No, le vicine madre e figlia tette al vento. E le effusioni di mezzogiorno nel corridoio, con le finestre aperte? L’arpista del primo piano ha parole di rimpianto per i tempi in cui il figlio del fontaniere si liberava dei fumetti tirandoli dalla finestra. Oggi peggio. Ha trovato una scatola di preservativi gettata chissà da chi nel suo balcone. Se non il padrone di casa, morto, sarà stata la madre, il padre, la sorella o l’ultima delusa, dopo aver scartabellato tra i cassetti del defunto. Un atto poco misurato. Improbabile.

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