Signore e signori, membri della giuria.
Quelli del mio mestiere, siamo come il tasso e la talpa.
Lavoriamo da soli nell’oscurità, guidati da minuscole
candele che non condividiamo, sudando per dare alla luce
pianeti di sostituzione dove accadono le cose che non accadono.
E qualche volta il difficile puzzle diventa una figura
e non un incidente d’auto. Più raramente mettiamo
le nostre dita abilmente nei lavori di traforo o di tastiera
e moltitudini precipitano attraverso la piccola botola bianca
che sostiene i nostri geroglifici. Poi siamo sollevati
nella luce viva e nell’urlo delle conurbazioni
per fare parole nell’aria e impressionare con la strana posa
del catalogo dei vestiti. Ma qualche volta vediamo
una rondine d’inverno. E il cavallo parlante
e la ragazza triste e il villaggio sotto il mare
discendono come stelle in una terra di lunghe serate
e verdure radicalmente diverse
e un filo di presa corre dai nostri cuori dentro i cuori
di coloro che non conoscono il significato delle parole
cardigan oppure nevischio. E non c’è un budino più delicato.
Adesso sono come quella mucca nelle filastrocche.
Il fuoco che ho sentito sotto le tue camicie. Questi chiostri.
Triglia rossa con miele. L’incredibilmente ampia
lastra di Perspex. Le tue mani sono su di me. Ma quest’uomo
è un altro uomo. L’orologio rintocca, la mia zucca aspetta
e la rana tamburella le sue dita guantate sul cruscotto.
Possa il dio i cui pensieri sono come una tenda di luce bianca
sopra il bucato e i piccioni di questa città
camminare sempre al tuo fianco. La mia tana chiama. Buona
notte.
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Qualcuno vuole sapere che cosa succede
quando il poliziotto chinato tiene un coltello a serramanico
alla gola del pappa. Alcuni vogliono
vedere un cavallo del colore delle castagne d’India
o sentire il boato dei fuochi d’artificio
come tappeti che vengono sbattuti.
Altri vogliono stare in piedi, invisibili
accanto a un letto mentre due uomini scopano,
o applaudire quando la piccola ragazza sorda
prende a calci il prete grasso che è ogni
bullo che abbiamo conosciuto.
Ma ognuno vuole farsi scivolare
via la pelle come un cappotto invernale
ed entrare in questa stanza familiare
che sa di gas e cera d’api,
dove la luce del sole si riversa dalla grande finestra
e i cargo si muovono in continuazione
alla bocca del fiume.
Mark Haddon, IL CAVALLO PARLANTE E LA RAGAZZA TRISTE E IL VILLAGGIO SOTTO IL MARE, Einaudi, 2005