Non sottostimo Julien Gracq quando ridimensiona il mito di Marcel Proust, facendo notare che parlava soltanto di piccoli ambienti chiusi ed esclusivi di aristocratici, snob, dandy e privilegiati, per i quali il lavoro non esiste (vivendo tutti di rendita), la vita familiare ordinaria, i problemi con i figli, persino i dilemmi religiosi nemmeno. Insomma, nella Recherche si riflette il mood di una èlite laica, superba ed autoreferenziale, da ancien régime, che gli esistenzialisti del secondo dopoguerra sprezzavano, additandone l’autore come una specie di “parassita che raccontava cose che non interessavano più a nessuno”. Certo, riconosce Gracq, Proust era un genio, la narrazione che fa di quel microcosmo è indubbiamente straordinaria, però…
PROUST E IL MITO
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