per una storia inesatta
tutt’attorno la ‘realtà gamma’ mi minaccia fisi¬camente l’ilarità del ‘fantastico storico’. mi dicono che non esiste una sola ragione per cui dovrei ribellarmi al fatto che é il 6 gennaio 1997 quasi le 5 del mattino e sta nevicando. e me l’insinuano con vocette calme rilassate disegnate all’interno di faccende ciclopiche. prendere il caffé stirare un paio di mutande cercare uno scon¬trino.
eppure non ho mai cercato di ribellarmi ma pro¬prio a niente anzi. e dopotutto questa cosa non mi fa alcun ef¬fetto: vedere i cristalli marini che si sciolgono per ripidissime altezze modu¬lando: siamo qui caro stiamo arrivando.
il punto é questo: non riesco a ricordarmi della tua tri¬stezza grammaticale se neppure capisco che mi stai in¬tanto anche giustamente ricordando di mettere la cra¬vatta.
che bisogno c’é in questo spazio indurito di ab¬botto¬narsi la camicia? di apprezzare un quartino di discreto pinot grigio e soprattutto chi ormai desidera che tu possa conservare una molecola di realismo?
la faccenda si può anche descrivere così: lo spa¬zio nelle sue volumetriche disponibilità tempo¬rali scivola giù dall’alto cioé si piega rapida¬mente apre le mani allunga le dita tende muscoli nervi e palpa. ma non trova nulla. perché quello che stava giù a sua volta sta precipitando. e questo non vuol dire che le parti corrono neces¬saria¬mente verso un centro. non c’é centro.
ma insomma come credi che io possa indicarti i limiti fi¬sici della mia ‘vertigine ininterrotta’?
a che dico ‘ciao’ se ti dico ‘ciao’? e anche: co¬s’è il salutato?
se io stesso potessi sapere per tranquilla espe¬rienza del tatto quanto é luminosa dolce venti-lata questa gior¬nata di giugno: il mio stomaco che é sano e vuoto divente¬rebbe un modo alfabe¬tico dominante del mio cervello. ur¬lerei: sto bene! oppure: ho fame!
e invece no