LA FORMA DELL’ALITO

La forma dell’alito si disegna sul palmo della mano. Nelle narici dell’amore che dorme accanto. Ha sapore di protesta intestinale. Certe volte è vomito, altre volte sangue. La forma dell’alito incita, sconsideratamente, ammazza ammazza è tutta una razza.
Sono enigma: Giuda il caffè, Gabriele l’aglio. Dopo l’espiro spiffera una coda mozzata, offre sagoma alla sindone, rivolta il pene. La forma dell’alito abita nella casa che ho abitato, sconosciuta ai nuovi inquilini. Li sorprende azzannando i loro movimenti migliori. E’ Lafcadio che osserva amabilmente lo sconosciuto prima di scagliarlo nel niente.

“Di ritorno da Chicago (settembre ’56) questo tipo si fermò e ci offrì un caffè in quel posticino nascosto tra i pini sul versante ovest. Quando ci alzammo per andarcene vedemmo che un camion si era fermato dietro noi. Questo tizio saltò dentro e fece marcia indietro lo stesso, con la coda della macchina che si cacciava sotto la pancia del camion finché il camion batté sul finestrino posteriore. Allora sterzò tutto a destra e riuscì ad arrivare all’autostrada in una curva sola, mandando polvere e ghiaia dappertutto. Nell’attimo prima di entrare in strada guardai verso la stretta vallata del Sacramento, sapendo pressappoco dove comincia ad arrampicarsi verso i picchi del Coast Ranger, di cui la muraglia più a ovest si tuffa nel mare. Bene, è lì che abito. E cominciammo la discesa.” Ron Loewinsohn

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