otto e ottave e ottavini a non finire
vari sogni non trascritti. il più minaccioso concerne un viaggio a roma chi sa per cosa. fermate veloci. anche quella di roma. scendendo, nella fretta dimentico il borsello con i documenti i soldi e quasi tutto. di corsa torno mentre il treno é già in moto. cerco in più vetture. preoccupazione crescente. infine trovo soltanto il portafogli coi soldi. ma il treno intanto mi ha portato chi sa dove. e qui scendo. incontro un concittadino pittore sibarita (martorelli?).
tutto magnificamente s’interrompe.
tutto in una luce quasi notturna quasi di pioggia quasi festiva quasi di rammarico chissà perché
e qui si dovrebbe scrivere questa recensione di £7.500 iva inclusa. per ‘l’ora’. ma non viene. non vuole venire. tra cose come complicate che determinano tanta resistenza l’unica semplice é che si vergogna a venire. sfidare le proprie vergogne non é vitaminico. provarci é squallido: ci provo. zelazny ‘ponte di cenere’ longanesi £.1.500. partivo così: il risveglio lento e faticoso dalla imbecillità al lento saggio e necessitato eroismo. a me siciliano tale situazione pare tanto comune quanto turpe. più ci pensavo più con tutti i miei quarantanni mi coinvolgeva e più mi ripugnava.
ripartivo dalla predilezione tutta statunitense e siciliana per gli eroi senza eroismo. gli eroi teogonici. gli eroi che possono essere amati senza rendere conto a papà di quanto si sta facendo e senza dare confidenza alla prole. in fondo appunto é come leggere un racconto di fantascienza. che male fa?
e intanto leggendo si sta con tanta gente. come sta la gente che facendo individualmente e nella parte ciò che fa nell’insieme e insieme fa tutto. e questo ‘fare tutto’ dopotutto non é poca cosa. anzi specie per uno (?) che tende a starci dentro nel suo possibile a quel tutto.
a questo punto ancora il fastidio mira a ricomporsi sulle tracce fisiognomiche dell’eroe. una mia fissazione? ricordi della mia infanzia europea e post-bellica (ma bisognerebbe specificare con molta forza e chiarezza che era ‘europea’ grazie al fatto che c’era il ‘dopoguerra’ e che dunque per uno ‘stradaiolo’ (ciò che io ero) non poteva non essere europea).
ripugnandomi la via dell’intelligenza sapienziale e demenziale cioé l’acudeza sociologistica e psi¬cogra¬fica in un ultimo tentativo riparto dalla situazione centrale in ogni leggere-da-farsi e da-evitarsi che indico con l’ansito interrogativo come va a finire? e qui trovo che zelazny non é in nulla diverso da ariosto dalla pallottola che si accovaccia nel nido, dalla bontà delle buone verdure. trovo così con chiarezza lancinante che invece noi qui siamo diversi. diversi nel senso che come minimo ci manca un dito per progettare e sperare di essere se non come ariosto come la nostra indivia quando é fresca. tuttavia l’eroe di questo libretto di zelazny riesce ad essere anche di più. dunque concludo con il seguente pensiero vendicativo verso l’autore e consolativo verso il lettore siciliano: la perfezione in una civiltà del pensionamento la nostra per esserci dovrà fallire.